La qualifica di beneficiario effettivo secondo la giurisprudenza francese: una condizione autonoma rispetto alla repressione degli abusi di diritto
Il trasferimento quasi immediato dei dividendi al suo unico socio e l’assenza di attività economiche significative da parte della società madre costituiscono un forte indicatore della mancanza della qualifica di beneficiario effettivo.
L'8 novembre 2024, il Consiglio di Stato francese ha emesso una decisione (n. 471147) in materia di ritenuta alla fonte sui dividendi transfrontalieri, affrontando il delicato tema del beneficiario effettivo (BE). La sentenza, relativa a un ricorso della società Foncière Vélizy Rose, esamina l’applicazione delle esenzioni o riduzioni della ritenuta alla fonte previste dal diritto fiscale nazionale, europeo e internazionale.
Il caso riguardava un acconto sui dividendi di 3,6 milioni di euro versato da una filiale francese alla sua società madre lussemburghese. L’amministrazione fiscale francese aveva negato l’esenzione, sostenendo che la società madre lussemburghese, avendo immediatamente trasferito i fondi al suo unico socio, non potesse essere considerata beneficiario effettivo (BE).
Il Consiglio di Stato ha stabilito che il trasferimento quasi immediato dei dividendi al socio unico e l'assenza di un’attività economica significativa della società madre costituiscono indizi forti dell’assenza della qualità di beneficiario effettivo. Inoltre, ha ribadito che l’esenzione prevista dall’articolo 119 ter del Code Général des Impôts (CGI) richiede una chiara dimostrazione della qualità di BE, in linea con gli obiettivi delle direttive europee e delle convenzioni fiscali internazionali.
Questa decisione evidenzia tre principi fondamentali:
- L’autonomia del controllo sulla qualità di BE rispetto alla procedura di abuso di diritto.
- La compatibilità delle regole francesi con le libertà fondamentali europee, in particolare la libertà di stabilimento.
- L’interpretazione teleologica delle convenzioni fiscali, che consente di integrare i principi guida del modello OCSE, anche in assenza di clausole esplicite.
Di seguito, analizziamo schematicamente questa decisione, considerando le regole applicabili, le argomentazioni della società ricorrente e i contributi giurisprudenziali del Consiglio di Stato, con un focus sulle implicazioni pratiche per le imprese italiane operanti in un contesto transfrontaliero.
1. Le regole fiscali francesi e la loro relazione con il diritto europeo
La ritenuta alla fonte sui dividendi di origine francese distribuiti a società madri non residenti è regolata dagli articoli 119 bis e 119 ter del Code Général des Impôts (CGI), che recepiscono la direttiva 90/435/CEE del 23 luglio 1990, nota come direttiva "madre-figlia".
Principio generale (articolo 119 bis, comma 2 del CGI):
I dividendi distribuiti a beneficiari privi di domicilio fiscale o sede in Francia sono soggetti a una ritenuta (del 30% per l'anno oggetto del contenzioso in questione), salvo disposizioni convenzionali o legali che prevedano esenzioni o riduzioni.
Esenzione (articolo 119 ter del CGI):
L’esenzione è concessa se sono soddisfatte alcune condizioni, tra le qualo:
- Il beneficiario dei dividendi è una società madre situata in uno Stato membro dell’UE o dello Spazio Economico Europeo (SEE), a condizione che esista un accordo di assistenza amministrativa contro la frode.
- La società dimostra di essere il BE dei dividendi.
Questo regime mira a evitare la doppia imposizione sui dividendi infragruppo, ma allo stesso tempo previene gli abusi fiscali.
2. Beneficiario effettivo e abuso di diritto
La società ricorrente sosteneva che l’amministrazione fiscale, contestando la qualità di BE della società madre lussemburghese, avesse implicitamente applicato la procedura di abuso di diritto prevista dall’articolo L. 64 del Codice delle procedure fiscali francesi (LPF), senza rispettare le garanzie procedurali previste.
Abuso di diritto (articolo L. 64 LPF):
Questa norma consente all’amministrazione di ignorare atti o schemi privi di sostanza economica o motivati unicamente da finalità di evasione fiscale. La sua applicazione richiede:
- La comunicazione preventiva al contribuente.
- La consultazione di un comitato speciale contro l’abuso di diritto.
Decisione del Consiglio di Stato:
Il Consiglio di Stato ha rigettato tale argomentazione, chiarendo che la verifica della qualità di BE non equivale a un’applicazione implicita dell’articolo L. 64. L’amministrazione fiscale si è limitata ad applicare le condizioni dell’articolo 119 ter del CGI, senza disconoscere alcun atto giuridico. Pertanto, non era necessario rispettare le garanzie procedurali previste per l’abuso di diritto.
3. Libertà di stabilimento e discriminazione
La società ricorrente ha sostenuto che le regole francesi fossero discriminatorie, poiché imponevano alle società madri non residenti condizioni più restrittive rispetto a quelle applicabili alle distribuzioni tra società francesi.
Riferimenti europei:
Il Consiglio di Stato si è basato sulla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, in particolare sulle sentenze T Danmark e Y Denmark Aps (C-116/16 e C-117/16), che confermano la necessità della qualità di BE per beneficiare delle esenzioni previste dalla direttiva madre-figlia.
4. Convenzioni fiscali bilaterali e modello OCSE
Infine, la società ricorrente ha invocato le convenzioni fiscali tra Francia, Lussemburgo e Germania, che prevedono riduzioni della ritenuta senza menzionare esplicitamente il criterio di BE. Il Consiglio di Stato ha chiarito che l’assenza di una clausola esplicita non esclude l’applicazione del criterio di BE, che deve essere interpretato alla luce degli obiettivi generali del modello OCSE.
Brevi riflessioni conclusive
Questa decisione ribadisce principi fondamentali anche per i contribuenti italiani:
- Centralità del beneficiario effettivo: Solo il BE può beneficiare di esenzioni o riduzioni.
- Distinzione dall’abuso di diritto: Il controllo del BE è un’autonoma verifica di sostanza economica.
- Interpretazione finalistica: Le convenzioni fiscali devono essere lette in coerenza con gli obiettivi di contrasto agli abusi fiscali.
Per gli operatori economici italiani che gestiscono flussi transfrontalieri, la sentenza rappresenta un monito a strutturare le operazioni con attenzione alla sostanza economica e al rispetto delle norme europee.